C’era una volta il food.

Le storie del cibo raccontate da chi lo fa

Pubblicato il
25 Ottobre 2020
Giusy Ferraina

Il cibo si guarda, si annusa, si mangia e si ascolta. Sì, avete capito bene, si ascolta. Ed è proprio attraverso le storie di cui si fa portatore che si impara a comprenderlo, a degustarlo e a rispettarlo. Quante storie ci sono intorno al cibo, quanti aneddoti, parole scritte e dette. Il cibo prodotto, cucinato, mangiato racchiude in sé simboli, significati, ritualità, valori, sentimenti. C’è un universo narrante intorno a un piatto, c’è una rete di storie che si intrecciano e di mani che lavorano intorno a ogni singolo prodotto. Questo meccanismo potente ed evocativo capace di trasmettere passioni, sapori, profumi, atmosfere si racchiude poi in modo sintetico in ciò che noi del mestiere chiamiamo “storytelling”.

Penso che il termine storytelling nell’ultimo anno sia una delle parole più abusate nel marketing e nella comunicazione, insieme a qualità, innovazione ed eccellenza; nonostante ciò è lo strumento chiave, in fondo da sempre esistito, capace di avvicinare i prodotti e le aziende al consumatore.

Le storie ci accompagnano e questo il marketing lo sa bene. Ogni persona o cosa rappresenta una storia e l’uomo da quando è nato è un essere narrante. Il racconto è la sua forma espressiva e non può farne a meno, c’è dentro di noi un continuo bisogno di raccontare o di ascoltare delle storie. E queste le troviamo ovunque: in una foto, al cinema o nella pubblicità, le troviamo nei romanzi, nelle chiacchiere al bar, nei piatti dei grandi chef e in ogni prodotto che compriamo e consumiamo.

Non c’è mercato senza contenuto da dare agli utenti, non c’è contenuto senza una storia forte da condividere con i lettori. Una storia in cui riconoscersi e ritrovare valori e idee, una storia da condividere e da fare propria, una storia con cui creare identità. A questo punto il gioco è fatto, la storia del prodotto e del marchio diventa la nostra e noi siamo e vogliamo quel prodotto e quel marchio. Questa è un po’ la sintesi estrema di svariati manuali di marketing, che racchiude una grande verità: il fascino della “fabula”, la forza della narrazione che vive nella forma.

Il “c’era una volta” diventa un assioma del content marketing nell’era dei social network. Ed è proprio questa dimensione narrativa che è il futuro del “mondo food” che impazza da anni e che continua a trasformarsi senza annoiare. Se finora abbiamo scritto le ricette della nonna e dei grandi chef, se abbiamo raccontato le cucine degli stellati e degli osti, ora è il momento del contadino, del vignaiolo e di chi con le mani in pasta ci regala ciò che noi troviamo nel piatto al ristorante o sullo scaffale di un supermercato. Sono loro le nuove star, i creatori di quella materia prima tanto decantata, protagonisti del nuovo storytelling.

Perché è proprio dalle loro voci che possiamo capire ed educarci, sono questi piccoli imprenditori i primi affabulatori che ci portano avanti e indietro nel tempo, ci fanno vivere le stagioni, annusare la terra, toccare con mano un grappolo o un frutto. E poi basta guardarli negli occhi quando si perdono tra i minuziosi dettagli per capire l’innamoramento profondo in quell’idea, il quel modo di vivere, in quell’etica produttiva.

Ecco perché mi piace raccontarli, con strategie o con la scrittura, ma anche con la voce ad un microfono. Con il progetto di Identity, storie di brand & business, trasmissione di Radio Food ho voluto raccontare delle storie, ma non quelle con riferimenti a fatti e persone puramente casuali, tutt’altro. Ho scelto e scelgo persone vere, fatti e progetti che generano l’identità di un marchio, voglio raccontare il lavoro, come forma creativa e modellante di un’intuizione che diventa azienda. Mi piace indagare nel mondo delle piccole e medie imprese del food e della ristorazione; parlare con il produttore diretto e con il manager. Chiedo, faccio domande, mettendo al centro dell’attenzione le loro risposte. Tutto questo attraverso una serie di dialoghi informali, in un botta e risposta dinamico, ilare dove la musica ci fa riprendere solo fiato e guardando i loro occhi brillare soddisfatti.

 

Contributo scritto per I Magnifici (Editoriale Giorgio Mondadori)