Truffe alle cantine, come riconoscerle.

#Truffe alle cantine, come riconoscerle.

Pubblicato il

15 Febbraio 2022

Giusy Ferraina

Il settore horeca non è tutto rose e fiori, come abbiamo visto da un precedente articolo scritto per Excellence, dedicato alle truffe alle cantine. I pericoli e i raggiri sono dietro l’angolo e questo è un fatto abbastanza diffuso nel comparto. Non sono solo, infatti, i produttori di vino ad essere nel mirino, ma in generale anche i produttori di accessori per la ristorazione e food, che si ritrovano richieste di acquisto che non saranno mai pagate.

Cadere nel tranello è da ingenui? Forse sì, ma c’è anche da dire che in un momento di crisi come questo, con le vendite bloccate per mesi e una ripresa su cui si punta tutto, cadere in fallo è più facile. Ma soprattutto spesso non si è sempre a conoscenza di cosa ruota intorno al mondo della distribuzione e delle compravendite. Le truffe sono sempre esistite in ogni settore e forse sempre esisteranno, ma distogliere l’attenzione dall’argomento non risolve, anzi porta ad aggravare la situazione. Intorno ad azioni come queste, per una questione di vergogna o di apparire ingenui agli occhi di colleghi e competitors, si tende spesso a non dire, non parlare, cercare di risolvere senza mettere in guardia gli altri, specialmente nuove e piccole cantine, da meno tempo sul mercato e meno avvezze a certi meccanismi,  che se non debitamente “istruiti” potrebbero diventare le nuove vittime.

Quindi la parola d’ordine è parlare, dire cosa accade, fare luce su quelli che sono i nomi di questi finti distributori e agire in sinergia per la difesa della categoria. Le cantine e le aziende in generale oggi hanno uno strumento in più rispetto a ieri, il web per fare ricerche e i social network. Esistono gruppi dove appassionati e cantine creano delle grandi community dove un singolo post riesce a registrare migliaia di visualizzazioni, forse ne dovrebbero parlare anche la stampa, i wineblogger, i wineinfluencer per amore della categoria. Gli stessi distributori sono tirati in ballo e proprio dopo il nostro primo articolo abbiamo avuto modo di chiacchierare con Giuseppe di Altropiemonte WineDistribution, che da professionista del settore la sua prima dichiarazione in merio è stato: “Ne sono rimasto turbato perché, in qualche modo, questi non professionisti intaccano la figura di chi invece, ogni giorno, fa questo meraviglioso lavoro con passione, trasparenza e volontà nel far crescere le nostre cantine italiane”.

C’è infatti dietro il lavoro del distributore un delicato e lungo processo di contatto, conoscenza, studio dei prodotti, comunicazione di questi e vendita, per poi arrivare al consolidamento e alla crescita economica e reputazionale della cantina che hanno scelto di trattare. Se una cantina riesce a posizionare bene il proprio prodotto non è solo merito dei buoni vini che fa, ma di un lavoro parallelo di marketing e commerciale. Sappiamo tutti che i passaggi per arrivare ad essere una cantina conosciuta sono tanti: si passa dalla vigna al marketing, dagli agenti e rappresentanti al risotratore, dal sommelier al cliente. E il filo che unisce tutte queste figure è il racconto di un’azienda e della sua storia e la passione. Più passione ci metti nel raccontarla più efficace è l’operazione.

Nella nostra chiacchierata con il rappresentante di Altropiemonte WineDistribution ci siamo fatti spiegare strategie e dinamiche di queste truffe, e le sue parole hanno confemrato le ricerche fatte in questi giorni da noi.

Come riconoscere i falsi distributori? C’è un certo modus operandi tipico di questi truffatori. Dei segnali, dei campanelli di allarme che devono farci storcere il naso.

I truffatori hanno acquistato vino, con pagamento a 30 giorni mai erogato. Il primo contatto avviene  via posta elettronica e dopo qualche telefonata e altre mail conoscitive, scatta l’ordine con un’ingente quantità di merce, alludendo magari a navi in partenza o alla ripresa delle ttività, post pandemia e clienti che richedevano prodotto. Poi, in alcuni casi, si arriva al secondo ordine, senza aver ancora mai pagato il primo, ovviamente prima che la data di incasso dell’assegno e si scopra la bolla.

Di cosa bisogna dunque sospettare?

 

Sicuramente le quantità ordinate. Bisogna far sempre attenzione a chi fa ordini di merce enormi, senza essere mai stato una volta a visitare la tua azienda, a vedere come lavori e chi sei o addirittura senza aver mai assaggiato il prodotto. In alcuni casi diranno che vi hanno conosciuto in qualche evento, il Vinitaly è il più gettonato e se avete dei canali social o un sito sicuramente prima lo avranno studiato bene per potervi dire qualcosa di vero.

 

Il contatto è sempre telefonico o via mail. I contatti vengono mantenuti spesso infatti via mail, sono sempre pronti a rispondere e sempre molto cortesi, ma non telefonano, non lasciano contatti telefonici e se lo fanno vi chiamano oscurando il loro numero. In altre situazioni avrete anche modo di parlarci e raddrizzate le antenne quando vi daranno risposte generiche sul loro lavoro, quasi come se non lo conoscessero. In caso abbiate modo di parlare con qualcuno chiedete dove sono, dove vendono e a chi vendono. E se le risposte non vi convincono fermatevi.

 

Spesso si presentano con dati fittizi o prestanome; in alcuni casi aprono addirittura dei siti web e degli uffici per pochi mesi, canali social e numeri di telefono attivi su whatsapp con tanto di logo nello stato, per far credere che sono un’azienda vera. Non ci sono incontri faccia a faccia, e questo deve essere un altro campanello di allarme: meglio assicurarsi dell’esistenza di queste persone fisiche, indagando sulla loro fiscalità e utilizzando strumenti come il Cerved per sapere se sono cattivi pagatori o insolventi già segnalati.

Altra nota dolente è la modalità di pagamento: si tirano indietro se chiedi il versamento di un acconto o il pagamento anticipato dell’intera merce (in questo caso molti sottolineranno più volte di essere professionisti seri, di fare controlli, quasi offesi dalla richiesta)  mentre proporranno sempre un saldo minimo a 30 giorni, con assegno allo scarico (no assegno circolare) oppure riba bancaria.

 

Cosa succede quando arriva il momento di incassare?

“Trascorsi i 30 giorni saranno disattivati i numeri telefonici, non ci saranno più risposte alle vostre mail e questi professionisti spariranno nel nulla, chiudendo ogni canale di comunicazione o eventuale sede fisica. Per poi riproporsi a distanza di mesi, nel mometo delle vendite, con nuovi nomi, partite ive e nuove sedi”. Come sottolinea il nostro distirbutore Giuseppe: “Mi raccomando, è importantissimo non fidarsi del primo che propone una vendita, prima è necessario costrure una relazione, un rapporto di fiducia e trasparenza reciproca. Soprattutto dopo un periodo così difficile, dove l’ennesima perdita può rivelarsi un enorme danno da recuperare”.

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Distributori fasulli e truffe ai danni delle cantine

Distributori fasulli e truffe ai danni delle cantine  

Pubblicato il

23 Luglio 2021

Giusy Ferraina

Con la ripresa delle attività ristorative, riprende l’attività dell’intera filiera, soprattutto dei soggetti di intermediazione come distributori e agenti di commercio del mondo del vino, uno dei settori maggiormente colpiti all’interno dell’horeca. Con la vivace ripresa delle vendite si assiste anche a una altrettanto vivace ripresa delle truffe ai danni di piccole e medie aziende vinicole.

Pare, infatti, dalle informazioni che siamo riusciti a raccogliere in quest’ultimo periodo che sono diverse le cantine del Lazio, e non solo, che sono state vittime di raggiri da parte di finti o sedicenti distributori. L’obiettivo è acquistare, o meglio dire ottenere vino senza pagarlo, per poi rivenderlo ovviamente guadagnandoci. Il tutto a discapito delle piccole aziende, che dopo il periodo oscuro tra lockdown e chiusure varie speravano di rimettersi sul mercato con il vento in poppa.

Ma andiamo per gradi e spieghiamo cosa sta succedendo. Secondo le aizende, che ci hanno raccontato l’accaduto, e che per il momento tuteliamo per motivi di privacy in attesa di sviluppi, i contatti arrivano via mail da parte di società di distribuzione, che si presentano come “desiderosi di avere i vini per i loro clienti”, di volersi approviggionare per la ripresa che ci sarà a stretto giro a seguito delle riaperture. Molti di questi allude come scusa per i suoi cospicui ordini a navi in partenza, ovviamente con un tempismo perfetto, visto il periodo. Fatte le dovute chiacchiere conoscitive telefoniche o via mail, si attiva l’ordine e si spedisce la merce. La nota dolente arriva ovviamente al momento dell’incasso del titolo, consegnato allo scarico, ma con valuta a 30 giorni, chiudendo anche un occhio visto il periodo difficile per tutti.

Come ci ha confermato una cantina di zona: “abbiamo voluto venire incontro a tutta la filiera, distributori e ristoratori, diluendo i pagamenti e non richiedendo pagamenti immediati o anticipati. Questo per creare le condizioni di una ripartenza sicura, ma ci siamo accorti che la fiducia è stata mal riposta e ci dispiace che questo modo di agire sia controproducente per quei distributori e ristoratori onesti e professionali”.

Avendo intervistato diverse cantine per conoscere meglio il modus operandi, molte di queste sono state fortunatamente trattenute dal cadere nella trappola, insospettite dalle ingenti quantità di vino che venivano ordinate. Altre invece hanno cominciato a sospettare quando chiedendo un acconto sul totale come pagamento anticipato a garanzia non ottenevano risposta alcuna o si sentivano dire che avrebbero fatto un titolo allo scarico da incassare subito. Niente è valso il discorso di poter avere una garanzia e instaurare un discorso di fiducia reciproca.

E non contenti del primo successo, alcuni di questi “distributori-truffa” si sono anche avventurati nei secondi ordini, ovviamente prima dell’incasso del titolo. Ed è proprio questo voler avere troppo che ha fatto sospettare e mangiare la foglia a chi aveva già spedito il proprio vino. Da qui a poco le loro banche avrebbero respinto i titoli versati per firma illegibile, non corrispondente al correntista, piuttosto che mancanza di fondi;  nessuna risposta alle mail di reclamo o alle telefonate fatte. Addirittura molti numeri attivi prima, con cui ci sono stati regolari scambi di telefonate e messaggi, risultano disattivati a conclusione dell’operazione.

Quello che abbiamo deciso di raccontarvi non è questa volta una storia di eccellenza, bensì di disonestà a discapito di chi ha lavorato in questi ultimi due anni, ha stretto i denti, sperando nella tanto attesa normalità. E ovviamente la normalità ha portato con sé anche questo tipo di azioni, confermando che ciò che abbiamo vissuto non ha minimamente migliorato le persone.

Denunciando l’accaduto, vogliamo essere per ora portavoce per alcune aziende che ci hanno raccontato ciò per mettere all’erta i colleghi produttori di quanto sta succedendo. Noi ci auguriamo di poter evitare altre truffe del genere e che queste azioni illecite vengano segnalate a chi di dovere.

 

http://www.excellencemagazine.it/tag-contenuto/truffe/

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#VinoDigitale. I wineblog danno voce al vino. Intervista ad Andrea Petrini

#VinoDigitale. I wineblog danno voce al vino.

Intervista ad Andrea Petrini

Pubblicato il

19 Aprile 2021

Giusy Ferraina

Torna l’appuntamento con il #vinodigitale e torna con una nuova intervista dedicata al mondo dei wineblogger.

In origine c’era il blog, strumento innovativo di marketing e pubbliche relazioni più importanti nel panorama del web. È da qui che comincia il lungo percorso dei social network, del content marketing e degli user genereted content. Il blog, molti di voi lo ricorderanno come quel diario online che molti amanti della scrittura e di alcuni settori aggiornavano costantemente raccontando esperienze, emozioni, impressioni, facendo critiche, dando risposte. Nel tempo tutto questo si è trasformato, professionalizzato, passando da hobby ad un lavoro, da pagina personale a sito ufficiale vero e proprio. Le stesse aziende usano i blog per raccontarsi dall’interno con un tono meno istituzionale.

In questo percorso di narrazione “personale” non è esente neanche il vino. Meno coinvolto, secondo me, rispetto al food, dove inizialmente appassionati di cucina si sono lanciati in ricettari on line sempre più multimediali, con foto, video, preparazioni, mise en place. Nel momento del boom dei blog sono stati molti i sommelier, i winelovers, gli appassionati di questo mondo a raccontare etichette, cantine, vendemmie. Solo in un secondo momento sono approdati sui social, condividendo i loro post e sicuramente non hanno sofferto la concorrenza di oggi. La caratteristica che ha sempre contraddistinto i primi blogger, soprattutto del vino, era la competenza. Aspetto fondamentale che non va sottovalutato mai e che distingue spesso i blogger di prima generazione da quelli neonati.

Tra i primi wine blogger, mi piace definirlo un pioniere, c’è Andrea Petrini con il suo Percorsi di Vino dal 2007 non ha mai smesso di raccontare la sua passione per il vino, facendola diventare anche la passione di tanti altri, istruendo e consigliando i neofiti e scambiando opinioni e punti di vista con produttori e un pubblico “più educato” enologicamente parlando. Andrea è il nuovo protagonista della mia rubrica #vinodigitale e con lui parleremo proprio del suo blog, di come un wine blogger parla di vino sul web e della sua scelta fuori dagli schemi.

 

Sei stato uno dei primi che ha mosso i primi passi sul digitale con un blog interamente dedicato al vino. Come è nata l’idea o l’esigenza di aprire il tuo “Percorsi di Vino”?

La mia era una naturale volontà di condivisione che oggi, nel mondo social, è una parola assolutamente scontata, ma 15 anni fa quando ho aperto il blog, l’intento era abbastanza pioneristico. Al tempo era un aspirante sommelier che frequentava il corso AIS di Roma e avevo voglia di rendere il web (non si parlava di follower) partecipe delle mie emozioni da neofita del vino. In che modo? Semplicemente pubblicando i miei appunti sui vini che degustavo durante le lezioni.

 

Secondo te com’è cambiata nel tempo l’attività del blogger e che difficoltà o vantaggi ci sono oggi rispetto all’inizio?

Domanda molto bella, ma la risposta, per essere completa, dovrebbe essere lunga più o meno come un libro. Diciamo per sintesi che al tempo, nel 2007, non esistevano i social network come oggi, non c’era Facebook in Italia, né tanto meno Instagram. Il blog, unico canale web al di là dei siti ufficiali, per come lo intendevo io era una sorta di diario dove scrivere di vino in maniera personale ed eticamente corretta. Oggi il blog sembra uno strumento vetusto perché tutto passa attraverso i social, che hanno soppiantato di molto le potenzialità di un wine blog dove si va solo per approfondire un argomento eventualmente letto, al volo, sui Facebook o Instagram.

 

Come scegli i vini di cui parlare? E come organizzi il tuo lavoro tra degustazioni, viaggi, visite in cantina?

Come sai il vino per me non è una vera e propria professione per cui il mio lavoro non è organizzato come una vera e propria azienda che deve fatturare. Cosa vuol dire questo? Che ho ampia libertà di scelta, che recensisco solo i vini che mi interessano davvero, mi hanno emozionato e che ritengo, quindi, interessanti per i miei lettori. Anche i rarissimi sponsor post sono assolutamente indicati e, comunque, riguardano sempre un vino che avrei recensito per conto mio. Non ci sono marchette nascoste su Percorsi di Vino, scrivo solo di ciò che mi piace. Anche per quanto riguarda i viaggi e le visite in cantina seguo lo stesso discorso, cioè al 99% dei casi vado dove mi piace andare. Per farti un esempio lo scorso agosto sono partito per un tour personale in Friuli, era da tempo che volevo approfondire la conoscenza di quella bellissima regione vitivinicola. Ho chiamato le cantine in anticipo e sono andato.

 

Come percepiscono le aziende la figura del blogger? Si rendono conto che può essere un ottimo strumento di comunicazione?

Posso darti una mia visione generale su questo. Penso che fino a qualche tempo fa il blogger fosse visto come la figura alternativa e complementare al “classico” giornalista enogastronomico: entrambi scrivono articoli sul vino, tendono ad approfondire, con strumenti e competenze a volte diverse, un certo argomento. Oggi, invece, il blogger, ma penso anche il giornalista enogastronomico, viene visto come figura un po’ retrò, considerando che spesso e volentieri uffici stampa, aziende e gli stessi Consorzi di Tutela del vino reputano più importanti, o meglio più utili, gli influencer del vino. Questo perché sono ritenuti molto più bravi e “potenti” di noi blogger sui social, canali di comunicazione obbligatori e indispensabili per convogliare un certo tipo di informazione e raggiungere dei target di utenti specifici.

 

Tra le tue attività da esperto e appassionato di vino ci sono i corsi di formazione e gli eventi. Lo scorso anno hai debuttato con la prima edizione di Beviamoci Sud, dando ampio spazio a i vini rossi del Sud Italia, alcuni spesso poco conosciuti.  Secondo te di cosa c’è bisogno negli eventi del vino e cosa vorresti e ti piacerebbe come visitatore? 

Beviamoci Sud è stato solo l’ultimo evento di tutta una serie che sto portando avanti da ormai cinque anni. Prima con Aglianico a Roma, poi con due edizioni di Taste Alto Piemonte più tutta la serie di degustazioni che organizzo in giro per Roma.  A Roma, come Capitale e meta di grande turismo, più di altre città, c’è bisogno di fare cultura soprattutto enogastronomica. Ci sono molti piccoli eventi, organizzati da noi appassionati (purtroppo le istituzioni in questo settore sono poco presenti o distratte da altro), che ci impegniamo in degustazioni e manifestazioni varie per far crescere la cultura del cibo e del vino in questa bellissima città. Cosa manca ancora a Roma? Una manifestazione degna di un Vinitaly o di Identità Golose, ma ci stiamo pensando!

Ci puoi fare un quadro dei tuoi lettori e dei tuoi follower?

I miei lettori sono persone di cultura superiore sul vino e non neofiti. Solitamente mi seguono da anni e leggono Percorsi di Vino perché cercano competenza, serietà, etica e perché vogliono approfondire un certo argomento che sta loro a cuore. A tal proposito ho messo on line da poco un reportage abbastanza completo sull’annata 2016, l’ultima in commercio, del Brunello di Montalcino ed è stato particolarmente apprezzato tanto che è stato letto da oltre duemila persone.

 

Come hai vissuto il periodo del lockdown? Come ti sei organizzato per poter continuare a scrivere senza poterti spostare da casa o poterlo fare poco nell’ultimo periodo?

Il blog lo puoi seguire tranquillamente da casa, il problema non era scrivere. Purtroppo, non potendo girare per cantine e fiere, ho scritto dei vini che ho assaggiato partecipando alle tantissime degustazioni online, organizzate dalle stesse cantine in questo brutto periodo segnato dal Covid, o che ho comprato per conto mio.

L’argomento che ti affascina di più nel mondo del vino e di cui ti piace parlare e quello che vorresti approfondire maggiormente?

In oltre 15 anni penso di aver trattato quasi tutti gli argomenti legati al vino, ma la cosa che mi piace di più è scoprire e far scoprire ai miei lettori l’esistenza di vignaioli o territori poco conosciuti.

 

Competenza enologica e competenza digitale

Due strade che dovrebbero andare a braccetto per essere moderni e al tempo stesso autoritari in materia. Qui si apre però anche il dibattito tra giornalisti contro influencer. Ma per ora direi di evitare..

 

Quali consigli daresti a chi si avvicina alla comunicazione del vino? 

Di rispettare sempre i lettori, perché non è affatto stupido e se si fanno esclusivamente delle “marchette” si rischia di perderli in tempi stretti. La web-reputation è fondamentale.

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#VinoDigitale. Eleganza, ironia e calici su alla conquista di IG. Intervista a Simona Geri.

#VinoDigitale. Eleganza, ironia e calici su alla conquista di IG.

Intervista a Simona Geri

Pubblicato il

29 Aprile 2021

Giusy Ferraina

Torna l’appuntamento con il #vinodigitale e una nuova intervista ai comunicatori del vino.

Capelli lunghi scuri, sguardo algido, elegante anche con un paio di sneakears, toscana e con un curriculum sostanzioso, perché per chi come lei parla di vino non si finisce mai di studiare e di viaggiare. Il suo motto è “calici su”, un modo per rendere omaggio alla sua passione, alla vita e con raffinata ironia anche a chi ha sempre qualcosa da criticare.

L’ospite di oggi se non l’avete capito è Simona Geri, per tutti una delle wine influencer che sta spopolando negli ultimi anni su Instragram, per chi lavora nel mondo del vino una comunicatrice attenta, preparata, ma soprattutto moderna e contemporanea. L’esempio perfetto di chi ha saputo declinare il mondo del vino, il suo fascino astratto e la sua storia al mondo digitale e alle sue regole, a dei canali di comunicazione democratici e aperti a tutti, dove tutti possono leggere, interessarsi e confrontarsi. Il suo esordio e il suo successo casuale, come lei stessa spiega, ha trovato sostegno in una presenza costante e professionale, non improvvisata sotto nessun punto di vista e non mi riferisco solo alla competenza enologica, perché Simona del suo modo di stare on line ha studiato proprio tutto. Amata dai suoi follower, ma anche criticata da professionisti e neofiti per il suo approccio glamour, le ho posto una serie di domande per capire il suo percorso, il suo stile, le difficoltà e le soddisfazioni di questo lavoro, ma soprattutto come una esperta di vino possa diventare un buon strumento di marketing per le aziende.

 

Simonagsommelier è il tuo profilo instagram con quasi 43 mila follower. Com’è nata l’idea di parlare di vino sui social e, soprattutto, ti aspettavi questo successo?

Non mi aspettavo assolutamente questo successo. L’idea è nata sia per caso che per necessità. Avevo preso da poco il diploma di Sommelier AIS, per una questione di passione e interesse personale. Da lì a poco l’azienda di trasporti e logistica per la quale lavoravo da quasi 10 anni avrebbe chiuso, così mi sono ritrovata senza lavoro a 40 anni passati. Ho cercato nel mio campo (io nasco come perito tecnico commerciale e ho sempre lavorato in ambito amministrativo e della sicurezza sul lavoro), ma con molta diplomazia mi sentivo dire che avevo un gran bel curriculum, ma anche un’età “troppo adulta” e “onerosa”. Con l’aiuto di mio marito commercialista allora decisi di aprire la mia società “The Winesetter srls”, mi sono messa in mano ad un’agenzia di marketing, abbiamo creato un blog ed anche l’account Instagram “simonagsommelier”. Pensate che prima ero sui social solo per controllare mia figlia..

 Cos’è per te il vino e cosa significa per te parlare di vino.

Il vino è una cosa che mi ha sempre accompagnato fin da bambina grazie a mio padre di Bolgheri e nonni materni con ristorante-enoteca all’Isola D’Elba. Mi ha sempre affascinato, ancora oggi quando vado in cantina e ne sento il profumo mi si apre quel cassetto dei ricordi di quando mi portavano a vendemmiare. Parlare di vino per me è gioia, emozione. Mi piace far conoscere le realtà vitivinicole, spiegare alle persone cosa provo quando degusto un vino.

 

Nel complesso mondo della comunicazione on line, tu come ti definiresti?

Non mi definisco un influencer, anche se ormai tutti mi hanno “appioppato” questo appellativo; mi definisco un comunicatore del vino. Cerco sempre di parlare in maniera semplice, con termini non troppo tecnici o didattici, perché molte persone non conoscono determinate definizioni; se poi siamo tra colleghi, ben venga il tecnicismo. Attenzione però, semplice non significa “improvvisato”, per parlare di vino in maniera professionale bisogna studiare sempre, semplificarne il linguaggio a volte è anche più complicato che usare i soliti termini da sommelier. Io ho conseguito anche il secondo livello WSET con merito e ho frequentato un corso come operatore enoturistico.  E ho ancora tanto da imparare e ovviamente da bere.

 Tu fai molta informazione sul vino, ma questa non può prescindere da uno stile personale, nel tuo caso anche visual, e da uno stroytelling ad hoc. Quali sono le caratteristiche della tua narrazione e come definiresti il tuo stile?

C’è uno studio dietro ogni stories, ogni foto, ogni degustazione, fatto ad hoc in collaborazione con l’agenzia di marketing che mi segue. Il mio stile è un mix tra l’apparenza un po' algida che posso dare attraverso le foto dei post e la genuinità del mio carattere schietto, a tratti anche ironico che traspare dai miei video. Non amo le persone troppo impostate in nessun campo o che salgono in cattedra e fare le maestrine.

 Secondo te com’è cambiata nel tempo l’attività del blogger e che difficoltà o vantaggi ci sono oggi rispetto all’inizio?

Io non sono un blogger anche se ho un blog che cerco di tenere attivo con articoli personali, non con articoli di comunicazione eventi presi a destra e sinistra con copia incolla giusto per far vedere     che c’è qualcosa sul blog.  Per quanto riguarda l’attività sui social media invece, è un settore che sta avendo una crescita esponenziale, ma anche qui non ci si improvvisa: studi, investimenti sulle piattaforme per farti conoscere, ricerche mirate di retargeting, seo, tutte cose che se non sei un laureato in marketing (e io non lo sono), le devi fare affidandoti e collaborando con professionisti. Diciamo che tutti vogliono lavorare con le piattaforme social, ma pochi hanno gli strumenti e le competenze per farlo. In giro c’è tanta approssimazione.

 

Oggi le cantine sono più “formate” sulla figura del blogger o dell’influencer, oramai veri strumenti di web marketing, secondo te come percepiscono le aziende la figura del blogger e in particolare dei tuoi servizi?

Questa domanda mi piace parecchio così finalmente cerco di spiegare: noi comunicatori del vino (o influencer chiamali come vuoi), non siamo Mago Merlino e se un’azienda pensa di collaborare con noi per la sola ed esclusiva vendita dei vini, non ha capito niente. Noi siamo un mezzo per far conoscere il Brand, per far avvicinare la nostra community a quel nome ed a quei vini. Poi c’è di riflesso un lavoro di vendita, ma non è immediato (si sa che le buone operazioni di marketing danno i frutti sul lungo termine), e molto dipende dall’azienda stessa, se non ha un suo sito web e un e-commerce funzionale, intuitivo e ben indicizzato, se non è presente sui social non va molto lontano. 

 

Altra cosa che mi preme sottolineare: spesso le aziende ci scambiano per dei benefattori giocando sulla formula “ti mando il vino, mi fai un post gratis?” Ma care cantine, noi non paghiamo le tasse né con le bottiglie gratis, né con gli inviti alle cene. Pertanto considerato il lavoro che c’è dietro ad ogni post o stories, penso sia

giusto che ogni prestazione lavorativa abbia il suo adeguato compenso che non sia il baratto. Personalmente, e senza offese, a me non interessa avere bottiglie gratis, il mio vino me le compro volentieri; i post “in amicizia” li posso anche fare, ma non è un obbligo, ma una mia scelta e un mio piacere. Un modo per dire che quel vino mi è piaciuto o la storia di quella azienda mi è piaciuta.

 

Come scegli i vini di cui parlare? E come organizzi il tuo lavoro tra degustazioni, viaggi, visite in cantina? 

 

Sono le cantine o gli uffici stampa che mi contattano, non ho mai mandato una mail a nessuno per propormi. Quando mi contattano, prima parliamo (di persona o dato il periodo in video call) perché  seppur molto social ho bisogno del rapporto umano. Successivamente assaggio i vini, se mi piacciono, cosa da cui non si prescinde, inizia la collaborazione che sarà studiata insieme e in base all’esigenze del cliente. Se i vini non mi dovessero piacere resta la riservatezza tra le parti e la cosa non va oltre. Non riuscirei mai a parlare di un vino che a mio giudizio ha dei difetti, perché se poi uno dei miei follower o lettore, compra quel vino io non ci faccio una bella figura.  Per quanto riguarda le visite in cantina, una volta al mese vado a trovare le cantine della mia “winefamily” perché anche se ci sentiamo praticamente tutti i giorni, il rapporto umano (con tutte le precauzioni del periodo) non deve mancare. Per le degustazioni c’è un calendario dato che ad oggi le cantine fortunatamente sono abbastanza. Alcuni giorni mi fermo per non imporre troppo la mia presenza nei video e per dare un senso logico alle degustazioni stesse, ma anche per dare spazio e  gestire al meglio la vita familiare.

 

Come hai vissuto il periodo del lockdown? Una figura come la tua possiamo dire che è stata di aiuto a molte cantine per continuare a promuovere e vendere anche i loro vini?

Il lockdown ha aiutato molto, lo abbiamo detto, la figura del comunicatore digitale. Io ad oggi sono anche media manager di alcune cantine oltre che media partner. Mancando gli eventi face to face credo che il nostro apporto sia stato importante e molti di noi si sono impegnati con le proprie idee e presenza a tenere vivo il nostro mondo.

Essere un profilo molto seguito ha i suoi pro e contro. È capitato più volte, leggendo i tuoi post, che tu sia stata attaccata per ciò che dici o fai, criticata e anche offesa o presa in giro. Da chi sono arrivate le critiche e perché anche nel mondo della “divulgazione del food & wine” sono sempre più frequenti gli hater secondo te? Cos’è che non piace o che non si accetta’

Anche di questo sarebbe da parlarne delle ore. Tanti haters, sia uomini che donne, ma le donne forse anche di più. Non so cosa non accettano, so solo che spesso si attaccano ad una frase la decontestualizzano dal discorso intero e ti massacrano. O magari ti massacrano per una foto dove il vino non è ben visibile iniziando a dirti di tutto, quando quel vino è tuo e non stai facendo alcun tipo di sponsorizzata. Molti sono pure ignoranti in merito: basterebbe guardassero la dicitura #ADV o #AD (che ricordo essere obbligatoria quando si riceve un compenso con emissione di fattura). Prima me la prendevo, ora ho imparato a riderci quando vedo una mia foto presa e messa in qualche gruppo. Non accetto di essere offesa sul personale, su mie ipotetiche posizioni politiche e/o religiose che c’è chi crede di dedurre da un tatuaggio, sulla mia famiglia, sul mio privato. In questo caso, c’è il mio avvocato che sa fare molto bene il suo lavoro. Concludo dicendo che ci sono tantissimi account sul vino, se non ti piaccio io si può anche andare oltre, non mi interessa piacere a tutti né essere amica di tutti.

 

Quali consigli daresti a chi si avvicina alla comunicazione del vino? 

Consiglio di studiare, di non improvvisarsi, ma anche di essere umili. Se si vuole intraprendere il percorso della comunicazione digitale, bisogna affidarsi a dei professionisti, investire denaro e tempo, molto tempo. Fate parlare il cuore, non tutti i vini sono buoni; imparate a dire di no, ma sempre in maniera educata. E bevete tanto, seppur responsabilmente, sappiate uscire dalla vostra comfort zone e siate sempre curiosi. Inoltre non prendetevi mai troppo sul serio e ricordate, come diceva il mio babbo “con la gentilezza conquisterai il mondo”.

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Il vino digitale è una realtà. Intervista a Susana Alonso

Il vino digitale è una realtà.

Intervista a Susana Alonso

Pubblicato il

29 Marzo 2021

Giusy Ferraina

Vino. Una parola ricca di significati e di associazioni. Un mondo di cultura a tutto tondo: dall’enologia alla geografia, letteratura, storia a cui si aggiungono poi le conoscenze gastronomiche, di territorio e poi quelle di mercato. Chi lavora nel mondo del vino si immerge volente o nolente in tutte queste informazioni, si conforma intorno a un know-how da cui non si può prescindere, che sia il vignaiolo o il responsabile marketing o commerciale di una cantina ci sono cose che bisogna assolutamente sapere, masticare, toccare con mano dalla produzione in vigna alla promozione on line.

 

Oggi il vino è a tutti gli effetti vino digitale. Lo abbiamo vissuto tutti in prima persona, come produttori, distributori o utenti il digital wine marketing è esploso. Il percorso era già in essere e il lockdown con la chiusura dei canali tradizionali ha portato un’accelerazione ed ora lo si può definire esigenza, risorsa strategica di comunicazione, elemento essenziale e necessario per stare sul mercato. Su tutti questi concetti si basa il libro di Susana Alonso, Digital Wine Marketing. Guida alla promozione online del vino e dell’enoturismo” edito da Hoepli, in cui si traccia la strada per approcciarsi al digitale. A Susana Alonso, esperta di vino e di digitale, sommelier e consulente, founder di Sorsi di web, che si occupa di marketing e comunicazione digitale per le cantine ho fatto un bel po’ di domande, ho posto i miei dubbi, le mie osservazioni sul mercato e su questo mondo in cui lavoro anche io da un po’ di anni. Ne è venuto fuori un articolo per Radiofood.it, ma qui vi propongo la versione integrale della nostra conversazione. Il tema è il vino digitale, raccontato sotto ogni aspetto nella guida pratica che ha pubblicato.

 

Iniziamo con una domanda relativamente facile. Cos’è per te il vino e il vino digitale?

Il vino digitale è semplicemente la versione online del vino fisico. Ormai praticamente tutto esiste sia come oggetto offline sia come oggetto online. Il vino digitale ha una sua identità, che esprime attraverso le tecniche e le strategie di comunicazione online. Se non possiamo trasmettere direttamente aromi e sapori, però possiamo farlo indirettamente con parole e altri media. E poi possiamo parlare delle caratteristiche del terroir, della storia e della filosofia di produzione, delle relazioni fra il vino e la cultura locale. Il vino digitale è fondamentalmente condivisione, un’occasione di formazione e di scambio di opinioni, oltre che un modo importante per comunicare l’enoturismo. Ormai il web è il centro della promozione in ogni settore, e il vino non fa eccezione.

 

Un percorso il tuo fatto di marketing e comunicazione che entra nel tempo sempre di più a contatto con il vino e il suo mondo, ma soprattutto con le esigenze delle cantine. Quali sono oggi, post lockdown e ancora in questo periodo di pandemia, le nuove esigenze delle cantine?

Credo che il punto centrale sia ancora la digitalizzazione. Le cantine dovrebbero estendere la loro presenza sul web e sostenere la loro identità digitale. Questo periodo poco felice ha portato con sé la necessita di accelerare la trasformazione digitale, perché apre tante nuove possibilità e permette di continuare a lavorare anche in presenza di un’emergenza grave. Perciò oggi una cantina digitale non è una metafora, ma una realtà. Bisogna costruire e gestire una versione online dell’azienda, che si estende attraverso vari spazi web e che è capace di proporsi con un’identità unica, forte e attraente. Le cantine devono presidiare il web ed entrare in contatto con i wine lover, influenzarne i gusti e le scelte e lasciarsi influenzare a loro volta. È così che funziona il mercato digitale. E non basta avere un bel sito web o una pagina Facebook presidiata. È anche necessario pianificare una strategia di comunicazione sistemica e integrata fra i vari strumenti digitali e fra l’online e l’offline.

 

Secondo te, con la situazione che stiamo vivendo, la chiusura della ristorazione e il rallentamento delle vendite cosa hanno capito le cantine? Pensi che il Covid-19 in un certo senso abbia accelerato i processi di digitalizzazione di cui tanto si è sempre parlato?

Sicuramente, c’è stato un effetto di accelerazione evidente. Le enoteche online hanno visto incrementi di vendite superiori anche al 100%. E il lockdown ha favorito la creatività! Infatti, a partire da marzo 2020 sono nate online tante nuove iniziative di supporto alla vendita di vino e alla costruzione di una relazione con il pubblico di riferimento. Tante cantine hanno investito in nuovi siti web che includono un ecommerce e un wine club, e hanno potenziato il collegamento fra i siti e le pagine sui social, in modo da aumentare il coinvolgimento e attirare nuovi wine lover. Spesso sono stati creati cofanetti particolari che abbinavano vino e cibo a prezzi accessibili da acquistare via Internet, e sono aumentate le sponsorizzazioni per la vendita di vino sui social.

 

Da quello che vedi come si comporta il produttore on line e come si comporta il cliente?

Ci sono produttori che comunicano molto bene online. È evidente che la loro comunicazione si basa su una strategia. Ma sono ancora tanti i produttori che sottovalutano il web e si improvvisano marketer di sé stessi con risultati poco soddisfacenti. È tipico che investano male i soldi delle sponsorizzazioni o che producano contenuti di bassa qualità. Spesso la ragione è che non conoscono abbastanza bene gli strumenti per fare marketing e comunicazione online. In effetti, sono competenze non facili da acquisire, spesso molto tecniche. E i software e le funzionalità evolvono velocemente, e bisogna tenersi aggiornati. Purtroppo, quando un produttore pensa di poter fare tutto da solo, il risultato è spesso doppiamente negativo: da un lato si investono male le risorse (soldi, tempo, conoscenze) e dall’altro l’imprenditore si fa l’idea che investire sul web non sia proficuo.

Per quanto riguarda i clienti e gli utenti del web in generale, a me sembra che siano sempre più attivi nella ricerca di prodotti e di esperienze online. Il mondo del vino incuriosisce sempre più persone e il web è il luogo naturale dove cercare informazioni, aziende e prodotti. Basta osservare i gruppi verticali sul vino su Facebook, per esempio. Le persone chiedono spesso opinioni su vini di ogni tipo, sugli abbinamenti, e anche sulle esperienze enoturistiche.

 

 

Essere presenti on line è fondamentale, costruire tra sito e social la propria brand identity e il proprio storytelling lo è altrettanto. Quanto ci aiuta il web per approcciarsi e lavorare con il mercato estero?

Avere un’identità digitale forte è fondamentale per suscitare l’interesse degli importatori. Un rischio comune è che altrimenti la percezione del brand e la decisione d’acquisto dipendano troppo dal prezzo del vino. Per un importatore è più facile vendere vini di un brand riconosciuto e ricercato dagli utenti. Lo storytelling e una brand awareness avvincente attraggono sia i wine lover sia gli importatori. E questo si collega alla necessità di avere un sito web almeno in italiano e in inglese, e con testi di qualità in entrambe le lingue. In realtà, per affrontare un nuovo mercato estero bisognerebbe usare contenuti adatti al paese specifico e alla sua cultura (localizzazione), ma il sito web in due lingue è già un importante primo passo.

 

Su cosa bisogna puntare oggi per dare slancio al mercato del vino? Si può e si deve ripartire dal digitale? Quali sono gli esempi che più ti hanno colpito in questi mesi?

Assolutamente, si può e si deve ripartire dal digitale. Ci sono tanti modi per farlo e questo è un bene. Nello stesso tempo i produttori vanno supportati perché, come dicevo, è facile perdere l’orientamento fra i vari strumenti digitali e fra le varie opportunità. La cosa più difficile è integrare bene i vari elementi: sito web, canali social, content marketing, sponsorizzazioni, influencer marketing, ecc. Digitalizzare una cantina non è un’azione semplice né veloce. Ci vogliono tempo, competenze e ‘ascolto’ constante della Rete.

In questi mesi ho notato tante nuove iniziative digitali orientate ad avvicinare i wine lover al vino. Per esempio le degustazioni virtuali. Come Sorsi di Web abbiamo iniziato a organizzarle a marzo 2020. Si tratta di eventi gratuiti che abbiamo chiamato #SorsiAperiWeb Digitali. Un’iniziativa simile è #CondividiLaTuaVigna di Francesco Saverio Russo. Sul web ci sono state anche alcune raccolte fondi a scopo di beneficenza, come #iorestoincantina dei ragazzi di Cantina Social o la campagna #iobevoacasapaladin di Casa Paladin.

 

Nel tuo libro parli anche di enoturismo, un altro capitolo che va in parte riscritto, ma che è propedeutico a una fase di rinascita e slancio sia del nostro turismo locale sia delle attività delle cantine stesse. Come vedi l’enoturismo di domani e quali consigli dai.

Sono certa che, se non già quest’anno, nel 2022 l’enoturismo tornerà a essere un importante fonte di fatturato per le cantine, sia per chi fa già accoglienza sia per chi si sta organizzando per farlo. Però sarà anche importante offrire esperienze adeguate ai nuovi turisti enogastronomici, cioè alle persone che ultimamente ne sentono parlare tanto e che sono curiose di provare. Negli ultimi anni, infatti il turista enogastronomico è cambiato: non è più necessariamente una persona benestante e che conosce il mondo del vino. Oggi sono sempre più numerose le persone con meno disponibilità economica, generalmente più giovani, ma desiderose di partecipare a degustazioni o a esperienze di conoscenza del vino. Il mio consiglio è includere nella comunicazione digitale della cantina informazioni sul territorio che la ospita, e di sfruttare canali come il blog per descrivere liberamente ed estesamente la propria offerta, dare consigli di assaggio, informare sui metodi di produzione, e proporsi come punto di riferimento in una certa regione vitivinicola.

 

Infine, se ti dico influencer, tu cosa rispondi? Quanto sono utili a promuovere una cantina e come fare soprattutto a riconoscerli quelli buoni e bravi da quelli improvvisati?

Sui social è abbastanza comune condividere pensieri e giudizi su prodotti acquistati e provati. In questo modo, ogni utente può diventare un micro-influencer all’interno della sua rete di contatti. Chi riesce a estendere la propria rete tanto da ricevere l’attenzione anche di persone che non sono strettamente amici o conoscenti è sulla buona strada per trasformarsi da utente autorevole in influencer vero e proprio.

Da semplici appassionati ed esperti, gli influencer diventano spesso dei collaboratori diretti dei marchi, diffondono i valori di un’azienda e ne supportano le scelte. Molto spesso gli influencer del vino sono sommelier, giornalisti freelance, autori o wine lover con un seguito importante sui canali social o sui blog personali.

Vorrei ricordare che anche l’influencer marketing deve mettere al centro il consumatore. La professionalità specifica e distintiva dell’influencer di oggi si esprime proprio nella capacità di alimentare il coinvolgimento dei consumatori intorno ai contenuti che propone. Per un brand è importante cercare di collaborare con influencer che, oltre a essere competenti, apprezzano davvero il marchio e ne condividono la filosofia. Per questo motivo, non bisogna solo guardare il numero dei follower, ma piuttosto alla qualità dei follower e ai contenuti delle loro interazioni.

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